I giochi di corse sono da sempre uno dei generi preferiti dai videogiocatori: dai tempi mitici di Sprint 2, con il volante e il cambio a due marce, a Burnin rubber che ricordava il cartone Ken Falco, fino al mitico Super hang on, con il manubrio da vero motociclista, i racing solleticavano la voglia di velocità dei bambini degli anni '80, costretti a correre su una bicicletta, o al massimo su una bmx.

Burnin rubber

Volando al volante

Burnin rubber (conosciuto anche come "Bump 'n jump"), asfalto che brucia: una macchinetta dall'apparenza innocua, ma in grado di compiere clamorosi voli, per superare le altre macchine che la intralciano e che cercano di sbatterla contro le pareti delle piste affrontate. Un gioco mitico, con le sue "pattern" da completare, che premiavano soprattutto chi riusciva a compiere tutto il tracciato senza distruggere neanche uno degli avversari (una specie di pubblicità progresso?).

All'epoca non lo sapevo, ma c'era un prologo: la macchina rossa che vola non lo fa per sport, ma perchè al guidatore era stata rapita la fidanzata dai loschi figuri della "Black Army Corps" (tipo la "Black shadow" di Ken Falco, e in effetti le macchine con il teschio ricordano Mobil Dick), e per salvarla doveva battere i nemici in varie corse nel mondo. Non ci sono solo macchine, da superare, ma anche camion: i camion non possono essere tamponati e sbattuti al muro, ma solo schiacciati con un bel salto. Molto pericoloso è quello del catrame, che ogni tanto molla carichi di asfalto incandescente contro il povero protagonista. Nelle varie prove cambiano anche le stagioni, e in inverno si trovano tratti ghiacciati in cui le macchine scivolano paurosamente. Davvero divertente.

Alla ricerca della pole position

Una specie di miracolo tecnologico dell'epoca, Pole position è stato l'asso della categoria nei primi anni '80: dei pixel colorati che dovevano rappresentare le macchine avversarie si frapponevano al novello Alain Prost a caccia della pole position sul circuito giapponese di Fuji, mentre in uno dei primissimi casi di "product placement" in un videogioco, i cartelloni pubblicitari a bordo pista pubblicizzavano veri marchi, come Pepsi, Canon, e 7-Eleven.

Nel mezzo del gran premio

Arriva a fine anni '80 il vero erede di "Pole position", con una grafica veramente spettacolare, 4 circuiti del mondiale formula uno e i piloti di 6 scuderie con le loro macchine. Non avendo la licenza ufficiale, però, macchine e piloti hanno i nomi buffamente storpiati: cosí, ci sono Prist e Seena su McLarun Homda, Burger e Albert su Ferreri, Manuel e Patric su Willarms Jadd, e Lotos, Benetten e Marci. I colori delle macchine sono però gli stessi di quelle vere, come le facce dei piloti. Non si va di solo gas, ma c'è anche una minima parte di pianificazione, con i pneumatici che obbligavano a un pit stop: se troppo consumati facevano infatti prima slittare la macchina, e poi esplodevano.

In sella a una moto in Hang on

Negli anni '80 di Uncini, Lucchinelli, Freddie Spencer, "Hang on" era l'assoluto dominatore del genere moto racing, soprattutto grazie allo spettacolare manubrio vibrante, che faceva sembrare a noi videogiocatori incalliti dell'epoca di essere veramente in sella a quella moto, sfrecciante in mezzo al deserto africano o nelle città americane. Con un seguito ancora più evoluto, "Super hang on".

Nel super cross americano di excite bike

Questa è invece la conversione del motocross, e in particolare di quello indoor americano: c'era prima una batteria di qualificazione, e poi la gara contro gli altri piloti. Dossi artificiali, chiazze d'olio messe ad arte, e soprattutto il surriscaldamento del motore erano i problemi da evitare, in un gioco molto "commodore 64".

Alta definizione in Sprint 2

Dalla preistoria dei videogiochi, dai tempi di "Asteroid", l'unico e solo "Sprint 2", il gioco con il volante e il cambio a due marce, con un automobile che potremmo definire "stilizzata" (una decina di quadratini bianchi) e tre avversari sempre "stilizzati", uno nero e due grigi. Macchie d'olio rallentavano ulteriormente il giocatore, mentre le piste cambiavano ciclicamente e il volante aveva un'escursione tipo camion. Immortale.

Lotta per la sopravvivenza in road fighter

Una corsa senza esclusione di colpi, lungo le strade probabilmente del Giappone, visto che è il primo videogioco di corse della Konami. Da verdi pianure a un ponte sopraelevato, dal mare a una foresta, a bordo di un macchina stilizzata che arriva fino a 196 km orari, ma schizza addirittura a 400 quando si preme il pulsante del turbo, si doveva fare lo slalom tra le altre macchine ed evitare le chiazze d'olio, stando attenti alla comparsa dell'auto di rifornimento con cui riempire il serbatoio di benzina.

Sulle strade californiane in Ferrari

A bordo di una macchina che è chiaramente una Ferrari (notare il cavallino), due giovani californiani sfrecciano sulle freeway dello Stato americano, ed evitando macchine, moto e camion che sembra non abbiano altro scopo se non quello di farli "cappottare", cercano di arrivare il più velocemente possibile al traguardo di una corsa stile "cannonball", mentre il vento scompiglia i loro capelli, e la musica dello stereo va a palla.. Noiosetto, un "hang on" a 4 ruote, ma ormai era scontato per il periodo in cui uscí.

Super sprint

Non il solito gioco di corse, Super sprint si caratterizzava per il meccanismo di potenziamento dei veicoli, accessibile attraverso la raccolta di chiavi inglesi sparse lungo i vari circuiti, con cui si potevano comprare nuove parti di ricambio, quali turbo o gomme super veloci. Superando i vari livelli, aumentavano gli ostacoli sulla pista, quali chiazze d'olio e addirittura mini tornado, e se si perdeva il controllo andando a sbattere lungo le pareti del percorso o si cadeva da un ponte sopraelevato, l'efficiente organizzazione provvedeva a far intervenire un elicottero per sostituire la macchina.