John McEnroe, Superbrat the genius

John McEnroe

Dopo aver perso la finale di Wimbledon del 1980 al termine di una memorabile maratona di 5 set contro Borg, il giovane John Patrick McEnroe aveva giurato che niente e nessuno l'avrebbe fermato nel 1981, tanto meno quel fastidioso orso svedese. E nel suo anno di grazia, infatti, McEnroe tira dritto per la sua strada: si vendica della sconfitta al quinto set dell'anno prima, superando Borg in 4 set sia a Wimbledon che agli US Open, che conquista per la terza volta di fila. Nei ritagli di tempo, porta a casa la sua terza Coppa Davis e fà diventare un fenomeno anche lo sconosciuto Peter Fleming, suo compagno di doppio. Irriverente al limite dell'insolenza, maleducato, scapestrato per i suoi detrattori, che lo apostrofano col soprannome di "super brat", "il super monello", semplicemente geniale per i tifosi che lo adorano, John McEnroe dipinge tennis come mai nessuno prima, geniale come la tradizione vuole lo siano i mancini. Con quel suo maledetto servizio tagliatissimo che spedisce gli avversari fuori campo e gli regala facilissime, ma sempre spettacolari volees, con i suoi siparietti con i giudici arbitri, tra cui predilige lo scozzese Alan Mills, che diventa personaggio suo malgrado per i frequenti scontri verbali con il supermonello.

"You cannot be serious!", "Non puoi dirlo davvero!", è la frase con cui apostrofa i giudici di linea, quando non inveisce contro la loro stupidità o presunta malafede. E mentre smoccola sul Centrale di Wimbledon alla presenza della principessa Diana, diventa sempre più oggetto di culto. 5 finali a Wimbledon, dove vince 3 volte, e agli US Open, dove arriva a 4 successi, una finale mitica al Roland Garros persa contro Lendl, 4 Coppe Davis vinte praticamente da solo, e innumerevoli successi in doppio nella carriera di uno dei più straordinari interpreti del tennis moderno, l'ultimo eroe "romantico" (sua l'ultima vittoria di una racchetta di legno a Wimbledon) di uno sport che sarà svilito dall'introduzione di nuovi materiali che premieranno i "picchiatori" come Ivan Lendl.

Le imprese di Villeneuve

Nelson Piquet in pista

Dopo la scorpacciata olimpica, un anno di relativa calma, in cui si fà notare il giovane pilota brasiliano Nelson Piquet, che al termine di un appassionante duello con l'argentino Carlos Reutemann conquista il suo primo mondiale di formula 1, al volante di una Brabham. I tifosi della Ferrari vanno però in delirio per le imprese di Gilles Villeneuve, che regala alla scuderia di Maranello la prima vittoria dell'era del turbo al Gran premio di Montecarlo, e conquista una vittoria da leggenda a Jarama, Gran premio di Spagna, dove tiene dietro per tutta la gara cinque macchine più veloci della sua.

Lucchinelli verso il titolo delle 500

Sempre in campo motoristico, l'estroso Marco Lucchinelli è campione del mondo della classe 500 del motomondiale e il finlandese volante Ari Vatanen sulla mostruosa Ford Escort RS1800 vince il mondiale rally, mentre anche senza motore vanno fortissimo le due ruote di Bernard Hinault, di nuovo a segno al Tour de France. Ray Sugar Leonard stupisce il mondo della boxe con la sua classe, batte Tommy "Cobra" Hearns per il titolo unificato dei pesi welter, e detiene contemporaneamente due corone mondiali, nei pesi welter e nei medi junior. Lo sciatore americano Phil Mahre vince la prima delle sue tre Coppe del mondo, ma sta per iniziare la dinastia Girardelli-Zurbriggen. Uno dei più grandi cavalli del secolo esplode in tutta la sua potenza: Shergar domina il Derby di Epsom (10 lunghezze sul secondo), il Derby irlandese e le King George (4 lunghezze). Due anni dopo, finirà di nuovo in prima pagina per tutti altri motivi: rapito dai terroristi dell'IRA, che chiedono un riscatto di 8 milioni di dollari al suo proprietario, l'Aga Khan: si verrà a sapere che era già stato ucciso pochi giorni dopo il suo rapimento dalle bestie che lo chiamavano animale.

Bob Champion e Aldaniti trionfano a Aintree

Sempre nell'ippica, il Grand National di Aintree regala la storia dell'anno: vince Aldaniti, cavallo che sembrava destinato all'abbattimento dopo un precedente gravissimo incidente, montato da Bob Champion, che da parte sua aveva vinto la battaglia contro il cancro. La storia dei due outsider miracolosamente tornati alle corse sarà portata sul grande schermo due anni dopo, in "Champions". Tom Watson vince i Masters di golf e guida la squadra americana a un clamoroso trionfo su quella europea nella Ryder cup, che finisce con un umiliante 18,5 a 9,5 per i giocatori d'oltreoceano. Il Maccabi Tel Aviv supera la Virtus Bologna in una tiratissima finale di coppa campioni di basket, vinta dagli israeliani per 80 a 79. Nell'europeo delle nazionali, vince l'URSS, superando in finale la Jugoslavia per 84 a 76.

A tutto calcio

Alan Kennedy con la coppa campioni

Continua il periodo d'oro delle squadre inglesi in coppa Campioni: a vincere quest'anno è il Liverpool, che supera in finale il Real Madrid con un gol del ruvido difensore Alan Kennedy, detto "Barney Rubble". L'Inter era arrivata in semifinale, non riuscendo però a rimontare lo 0-2 subito dal Real Madrid in Spagna, all'andata. La coppa Uefa vede due finaliste alquanto insolite, l'Ipswich town e l'AZ Alkmaar. Si impongono gli inglesi, che forti del 3 a 0 dell'andata vanno in Olanda a gestire il risultato, anche se fanno una figuraccia, perdendo 4 a 2. La coppa delle coppe vede all'atto finale i georgiani della Dinamo Tbilisi e i tedeschi del Carl Zeiss Jena, squadra fondata da alcuni operai della famosa industria ottica Carl Zeiss. Vincono i georgiani per 2 a 1.

In Italia, vince la Juve al termine di un testa a testa con la Roma: la partita scudetto si gioca a Torino a tre giornate dalla fine, con la Juve avanti di un punto: finisce zero a zero tra le polemiche, con un gol annullato per fuorigioco al romanista Turone, che diventerà il punto di non ritorno nel rapporto tra le due squadre. L'Inter vince la prima edizione del Mundialito, torneo organizzato da Canale 5 e giocatosi a San Siro tra squadre vincitrici della coppa intercontinentale, ma la qualità delle squadre sudamericane lascia dubbi sul fatto che abbiano effettivamente inviato in Italia i migliori giocatori.

Pianeta USA

Fernandomania e l'inutile perfezione di Barker

Fernando Valenzuela

È l'anno dello sciopero: il 12 giugno il campionato si ferma, per una diatriba tra proprietari e giocatori sulle modalità di compensazione per le squadre che perdono dei giocatori all'odiata (dai proprietari) "free agency". Dopo quasi 2 mesi, oltre 700 partite cancellate e una perdita di credibilità mostruosa agli occhi dei fans, si torna a giocare, senza aver risolto la disputa in modo definitivo. Al caos si aggiunge la brillante idea della Lega di dividere la stagione in due parti distinte, e mandare ai playoffs 8 squadre, in luogo delle solite 4: le due migliori di ogni metà stagione di ciascuna Division. Finiscono sbeffeggiati Cincinnati e St. Louis, fuori dai giochi nonostante abbiano avuto i due migliori record della National League, ma con due squadre in grado di superarli nelle due diverse metà stagioni.

Delle otto promosse, passano il turno preliminare i Montreal Expos, alla prima post season nella storia della franchigia, i Los Angeles Dodgers del rookie fenomeno Fernando Valenzuela, che ha scatenato il tifo latino-americano della California, creando la "Fernandomania", gli Yankees, che oltre a "mister october" Reggie Jackson hanno acquisito i servizi della stella di San Diego Dave Winfield, e gli Oakland A's, che fanno la fine del tacchino nel giorno del Ringraziamento contro il potente lineup dei "Bronx bombers". Molto più combattuta la finale della National league, decisa solo alla quinta gara, a Montreal. Valenzuela tiene a bada le mazze degli Expos e il veterano Rick Monday vince la partita per lui, con un fuoricampo al nono inning.

Nonostante gli Yankees siano favoriti nettamente e inizino le World series con due vittorie, i Dodgers di Tommy Lasorda vendicano la storia della loro franchigia, e vincendo 4 partite di fila, le prime tre, tiratissime, tutte con il minimo scarto, si laureano campioni del mondo. George Frazier, lanciatore degli Yankees, ha la sfortuna di essere il lanciatore perdente di tre gare, un record negativo di cui avrebbe fatto a meno. Altrove, i Cleveland Indians chiudono la stagione una sola partita sopra il 50%, ma quella partita è un "perfect game", lanciato da Len Berker contro i Toronto Blue Jays il 15 maggio.

I predatori del Superbowl

Jim Plunkett conduce i Raiders alla vittoria nel superbowl

Gli Oakland Raiders e i Philadelphia Eagles si sfidano nel Superbowl numero 15, il primo trasmesso in tv anche in Italia. I Raiders sono la prima squadra a raggiungere l'atto finale partendo dal "wild card game". Nei divisional playoffs la squadra di Jim Plunkett aveva messo fine alla stagione magica dei "Kardiac kids", i Cleveland Browns del quarterback Brian Sipp, MVP della lega. Specialisti in rimonte e vittorie all'ultimo secondo, i Browns sono sotto 14 a 12 con 41 secondi sul cronometro, ma invece di provare a vincere la partita con un field goal, cercano la meta, anche perchè le problematiche condizioni meteo (si gioca a quasi 20 sotto zero) hanno già fatto fallire due calci al kicker Don Cockroft. Finisce con il famigerato "Red Right 88", un passaggio intercettato in end zone che consente ai Raiders di salvare la vittoria. Una settimana dopo, i Raiders vanno a vincere in trasferta anche a San Diego, raggiungendo il Superbowl.

Nella NFC, gli Eagles superano i Cowboys nel championship con una difesa che limita Dallas a 206 yards, e il running back Wilbert Montgomery che corre per 194 yards e un touchdown. Nel Superbowl, però, oppongono poca resistenza ai Raiders, subito avanti 14 a 0 grazie anche a una bomba da 80 yards di Plunkett, e poi in grado di gestire agevolmente la partita fino al 27 a 10 finale. Jim Plunkett è l'MVP, mentre 30 secondi di pubblicità costano 324.000 dollari.

Il primo sigillo di Bird

Primo titolo NBA per Bird

Primo titolo dell'"Era Bird" per i Celtics, che superano nelle finali gli Houston Rockets 4 a 2. Con ancora 12 squadre nei playoffs, i Lakers, terzi nella Western conference, sono costretti al turno preliminare, una miniserie al meglio delle tre partite, e vengono sorpresi da Houston, guidata da Moses Malone e Calvin Murphy. I Rockets continuano la loro sorprendente post-season battendo anche i San Antonio Spurs di George Gervin, numeri 1 dell'Ovest, al termine di sette tiratissime gare. In finale di conference trovano i Kings, al loro ultimo anno a Kansas City, e ne dispongono agevolmente in 5 partite. Ad Est, arrivano in finale Boston e Philadelphia, che regalano una serie epocale: con i Sixers di Julius Erving e Darryl Dawkins avanti 3 gare a 1, Bird e i Celtics trovano un insperato "eroe per caso" in M.L. Carr e vincono le successive 3 partite con uno scarto totale di 5 punti, conquistando l'accesso in finale. Gara 7 finisce 91 a 90, con i Sixers che non riescono a rimettere la palla in gioco per il tiro della disperazione all'ultimo secondo, visto che il parquet è ormai invaso dai tifosi. Le finali sono molto meno emozionanti, anche se i Rockets pareggiano le prime 4 gare, prima però di perdere nettamente gara 5 e 6, consegnando il 14mo titolo della loro storia ai Celtics. L'eroe delle finali è Cedric Maxwell, 28 punti e 15 rimbalzi in gara 5 e un gran contributo di lotta in tutte le partite. Al draft, con la prima scelta assoluta Dallas sceglie Mark Aguirre, con la seconda fanno meglio i Detroit Pistons, scegliendo il loro futuro leader Isiah Thomas.

La nascita della follia di marzo

Isiah Thomas guida Indiana al titolo nazionale

Il 14 marzo 1981 è la data di inizio ufficiale del fenomeno "March madness": in un pomeriggio, e per le ultime due partite nel giro di pochi minuti, tre partite vengono decise all'ultimo secondo, con le favorite sconfitte. La CBS trasmette in diretta nazionale tutte e tre le partite, creando un autentico fenomeno mediatico. La prima a cadere è la numero 1 del Mideast, DePaul, battuta 49 a 48 da St.Joseph's. Poi un tiro da metà campo sulla sirena costa la partita ai campioni in carica di Louisville, battuti da Arkansas 74 a 73. Pochi minuti dopo, un giovane Rolando Blackman realizza il canestro che porta Kansas state a battere la numero 1 dell'Ovest, Oregon state. Le emozioni e le sorprese continuano la settimana dopo, con Danny Ainge che guida BYU alla vittoria in volata contro la numero 2 dell'Est, Notre Dame. Ainge vola tutti i 28 metri del campo dribblando tutti gli avversari e realizza a fil di sirena uno dei canestri più memorabili della storia del Torneo. Ma per tutte queste vittorie a sorpresa, il campo delle Final four presenta due numeri 1, Virginia del formidabile Ralph Sampson e LSU, una numero 2, North Carolina, e una numero 3, Indiana. Vincono proprio gli Hoosiers di Bobby Knight, guidati dal giovane Isiah Thomas, che dimostra già ora le sue capacità di trascinatore: 23 punti per lui nella finale contro North Carolina.

Nel football, i Clemson Tigers terminano la loro stagione da imbattuti con una vittoria su Nebraska nell'Orange bowl per 22 a 15 che vale il titolo nazionale. Squadra solidissima ma senza individualità di spicco, fanno meglio di altre scuole che possono contare su futuri hall of famers, come USC di Marcus Allen, vincitore dell'Heisman trophy, e Pittsburgh di Dan Marino, eliminati dalla corsa al titolo nazionale da una bruciante sconfitta interna contro Penn State nell'ultima partita prima dei bowls, ma capaci almeno di vincere il Sugar bowl. Al successivo draft per la NFL, pescata miracolosa di future leggende difensive, con Lawrence Taylor, Ronnie Lott, Mike Singletary e Howie Long.

Altri sport

Butch Goring

Nella NHL è l'anno dei New York Islanders, la squadra più giovane della Grande mela, che asfalta in semifinale gli odiati cugini dei Rangers e vince poi la Stanley cup 4 partite a 2 contro i Minnesota North Stars. Butch Goring è l'MVP delle finali, mentre per il secondo anno di fila miglior giocatore e top scorer del campionato è Wayne Gretzky, ancora troppo solo, però, per portare al titolo gli Oilers. La triple crown del galoppo vive dell'ennesimo tentativo di entrare nella storia vanificato sul più bello, con Pleasant colony che vince Kentucky derby e Preakness prima di fare solo terzo nelle Belmont stakes. Darrell Waltrip è il campione Nascar, Rick Mears vince la formula cart, ma la 500 miglia di Indianapolis va a Bobby Unser.

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